l'intervento di Don Ciotti
Incontro con Don Ciotti organizzato dall’IIS Della Corte-Vanvitelli.
“Vi chiedo scusa ma stasera qui non c’è Don Ciotti perché qui ci siamo noi “.
È iniziato così il quarto incontro organizzato dall’IIS Della Corte-Vanvitelli nell’ambito del progetto “Uomini e popoli senza barriere” a titolarità MIUR, DPO. Di fronte ad una platea composta da alunni del nostro istituto, delle scuole elementari e medie c’è un uomo che ha speso tutta la sua vita ad aiutare gli altri, i più deboli, gli emarginati.
Don Ciotti, il prete che ha creato il Gruppo Abele e l’Associazione Libera, che con le sue iniziative ha dato un contributo notevole all’emanazione della legge sulla confisca dei beni della mafia, ringrazia preside Franca Masi e tutti coloro che hanno partecipato a questo progetto, ma soprattutto i ragazzi presenti perché “la conoscenza è la via maestra del cambiamento “.
Poi, rispondendo alle domande poste dagli stessi studenti, ricorda alcuni episodi che gli hanno cambiato la vita e sono stati fondamentali per le sue scelte. Racconta di quando una maestra lo ha fatto sentire diverso all’età di sei anni e poi di quel barbone conosciuto quando aveva diciassette anni che gli ha fatto capire una cosa semplice ma non scontata: “nella vita ognuno deve fare la sua parte per aiutare chi è in difficoltà”.
Don Ciotti ha insistito più volte sul concetto del “Noi” perché, se è vero che nessuno di noi è insostituibile, è anche vero che il cambiamento ha bisogno di tutti noi. Ognuno deve dare il proprio contributo, “non cose straordinarie ma di quotidianità”. Poi un consiglio di vita: non si deve mollare alle prime difficoltà né aggirare gli ostacoli bensì affrontarli. E se ci sembrano difficili da superare, con l’aiuto degli altri potremo farcela.
Parlando di migrazioni Don Ciotti ricorda che la parola fondamentale quando si parla di immigrazione è “libertà”: non basta solo accogliere i profughi ma bisogna prima di tutto liberarli, perché il trasferimento di queste persone “non è una scelta ma un destino imposto dalla fame, dalle ingiustizie, dalle guerre”.
Alla domanda “Lei ha paura“ il prete, che è stato minacciato da un mafioso perché “dava fastidio”, ha risposto che “la mafia può uccidere un uomo ma non può uccidere un movimento che unisce tante persone diverse che combattono insieme contro un nemico comune”. In questa lotta alla criminalità lo Stato, però, deve fare la sua parte anche investendo di più in sanità e istruzione piuttosto che in spese militari.
“Ci vuole una grande rivoluzione culturale, etica e politica e non basta commuoversi ma bisogna muoversi, agire perché la rassegnazione e l’indifferenza rappresentano il male”. Ognuno di noi deve fare scelte coraggiose per fare in modo che vengano garantiti a tutti uguali diritti e uguale dignità, così come è scritto nel Vangelo e nella nostra Costituzione, due testi che hanno tanto in comune.
E alla fine dell’incontro un invito ai presenti, soprattutto ai giovanissimi: “Ricordate che i piccoli gesti aiutano a costruire la speranza e la giustizia. E dove c’è giustizia c’è anche uguaglianza e libertà”.